VISITA ALLA SINAGOGA DI VERCELLI

Passeggiando per via Foa ci si trova quasi inaspettatamente di fronte alla facciata in stile orientaleggiante della sinagoga di Vercelli, una delle più belle e suggestive di tutta Italia.

Il sito rappresenta il cuore dell’ex ghetto vercellese. L’imponente facciata a strisce orizzontali bianche e azzurre in pietra arenaria di Saltrio, in provincia di Varese, è alleggerita da lesene ottagonali che terminano con cupolette cuspidali in rame sorrette da colonnine. Al centro della facciata, sotto le vetrate policrome di un grande rosone, spicca un bassorilievo delle tavole dell’Alleanza (luchot ha-brit in ebraico). A destra e a sinistra delle tavole, due citazioni dalla Torah scolpite recitano rispettivamente: “questa non è altro che la casa del Signore” e “mi costruiranno un santuario e abiterò in mezzo a loro”.

Attraversato il piccolo cortiletto e salita la breve scalinata, ci si trova di fronte all’ingresso principale della sinagoga. Ai matronei, situati sopra le navate laterali del tempio ma attualmente inaccessibili al pubblico in quanto non ancora restaurati, si accede, invece, dalle due porte laterali. Sullo stipite destro del portone principale risalta una Mezuzà (astuccio contenente una piccola pergamena che riporta le parole dello Shemà Yisraèl, la preghiera più nota dell’ebraismo, manifesto del monoteismo, che inizia con “Shemà Yisraèl, Adonai Elohenu, Adonai Echad”, “Ascolta Israele, il Signore è il nostro D-o, il Signore è uno solo”). Varcata la soglia del tempio, ci si trova di fronte al grandioso spettacolo dell’interno della costruzione a tre navate. Le ingiurie del tempo non impediscono di immaginare il fasto delle decorazioni che adornavano tutta la volta. Nelle giornate di sole le numerose vetrate policrome illuminano l’interno con stupendi giochi di luce.

La sinagoga fu progettata, su incarico della comunità, dall’architetto Marco Treves, ebreo di origine vercellese, che aveva vissuto a Parigi e Roma, prima di stabilirsi a Firenze, nel Granducato di Toscana. Stiamo parlando della seconda metà dell’Ottocento. Erano passati non molti anni dall’emancipazione dello Statuto Albertino e la comunità ebraica vercellese era in espansione e desiderava realizzare un progetto grandioso, anche per dare visibilità ai propri progressi. Dopo una fase iniziale in cui furono superate le resistenze dell’architetto Treves, restio a progettare un edificio tanto imponente, si passò alla fase realizzativa. La prima pietra della costruzione, a cura dell’impresa del geometra Giuseppe Locarni che disegnò anche personalmente le vetrate e gli elementi di illuminazione, fu posata l’8 settembre 1874, mentre l’inaugurazione risale al 18 settembre 1878.

Nella navata centrale sono allineati i banchi con le ribaltine dove venivano riposti i libri di preghiera. Una bella balaustra separa dal corpo principale l’abside e la Tevà (il palco con il leggio sul quale veniva posto il Sefer Torah, il rotolo della Legge, per la lettura settimanale). In ossequio ad una prescrizione contenuta in due libri della Torah, Shemot (Nomi, o Esodo per i cristiani) e Devarim (Parole, o Deuteronomio per i cristiani), all’interno della sinagoga non vi è alcuna rappresentazione di essere vivente. Dietro la Tevà, agli antipodi della porta di ingresso, dietro un parrochet (tenda) finemente ricamato, in direzione di Gerusalemme, si trova l’Aron ha-Kodesh (l’Armadio della Santità) che conteneva i Sefarim (rotoli). La porta dell’Aron ha-Kodesh è impreziosita da otto formelle di metallo dorato con raffigurazioni che ricordano quello che per gli ebrei è sempre stato l’unico vero tempio: quello di Gerusalemme, costruito da Re Salomone e distrutto da Nabuccodonosor, ricostruito dagli ebrei e definitivamente annientato dalle legioni di Tito nell’anno 70 dell’era volgare.

Nella sinagoga di Vercelli sono anche presenti due elementi dovuti all’influenza cristiana: un pulpito in legno sulla sinistra della navata principale e un imponente organo, irrimediabilmente danneggiato da atti vandalici negli anni della seconda guerra mondiale, al di sopra dell’ingresso principale. 

L’esiguo numero di ebrei residenti in città e nei dintorni non consente di utilizzare l’edificio ai fini del culto, ma in esso si tengono concerti, conferenze e mostre.

 

Marco Ricciardiello

Presidente Associazione Italia-Israele                                                        Foto gallery                             TOP

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Sito aggiornato: 26/02//2019