A Giuseppe Jona, l’eroe del ghetto di Venezia Roberto
Malini
Gli
crederanno, avrà l’ultima notte.
Avrà le ore amiche degli
ebrei,
abbandonate e umili come un mucchio
di stracci.
Torneranno
domani. È buio. Piange un cardine.
È il pianto di un
momento,
un pianto ebreo.
Piangono i
nuovi nati fra le umide mura.
Loro, le sentinelle del crepuscolo
non troveranno niente.
Niente. Fuggono fiamme, nomi e anime
da un passaggio segreto verso il
cielo.
Venezia: quanto dista dalla terra promessa?
Una notte di volo.
Tutto finisce. Sulle are dell’olocausto
muoiono arieti e agnelli. Tutto è
cenere.
Qualche volta la morte e la vita sono simili
come l’alba e il
mattino.
Non troveranno
niente.
Giuseppe Jona nacque a Venezia nel 1866 e si laureò in medicina a Padova nel 1892.
Medico e presidente della Comunità ebraica di Venezia, il 15 settembre 1943 ricevette
la visita delle autorità naziste, che gli intimarono di consegnare loro la lista degli ebrei
che vivevano nella città lagunare.
Quella notte Jona diede alle fiamme gli elenchi e, per evitare di tradire gli ebrei di Venezia, si suicidò.
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