IL GIORNO DELLA MEMORIA 27 gennaio 2012 

  

prof. Giacomo Ferrari, Presidente 

 

          Le celebrazioni del giorno delle Memoria, la mostra o le mostre di foto e testimonianze sono eventi che parlano alla nostra emotività e suscitano compassione ed orrore per le atrocità che superano la nostra stessa capacità d’immaginazione. Tuttavia, l’emozione, per forte che sia, non ha valore se non costituisce il punto di partenza per imparare e migliorare se stessi e soprattutto, contribuire a far sì che certi comportamenti vengano estirpati una volta per tutte. Le immagini, dunque, parlando alla nostra emotività, devono attivare la nostra ragione e stimolare un cambiamento in noi stessi e, quindi, nell’umanità.

Le immagini che ci vengono proposte ci devono parlare per farci riflettere. E ci parlano davvero, di sopraffazione e di una violenza finalizzata alla distruzione di un popolo. Non si tratta di una novità nella storia dell’uomo. Nell’antichità era una regola che un vincitore sterminasse il popolo vinto e, in una sorta di pulizia etnica, riducesse le donne in schiavitù. Ma anche in tempi moderni non ci mancano esempi. Il tentativo di sterminio degli Armeni (Medz Yeghem, “il grande crimine”), compiuto nella Turchia del 1915-1916, le numerose stragi, sempre di origine etnica, che sono avvenute nell’Africa moderna, i massacri della ex-Jugoslavia sono tutti episodi che affondano le radici nel più basso istinto dell’uomo di distruggere le persone che sono diverse per razza, religione o semplicemente cultura. A tutti questi episodi soggiace un unico pensiero, la convinzione che ad un popolo spetti per natura la superiorità e che gli altri popoli o gruppi etnici non meritino di sopravvivere, ma siano, in qualche misura, degni di essere annientati. Tuttavia, mai si era toccato il limite raggiunto dalla “catastrofe” (Shoah), cioè la trasformazione di un atto di brutale sopraffazione in un atto di legge. Prima le leggi razziali, che non sono mancate neanche in Italia, poi la programmazione strutturata, meticolosa, organizzata con metodi industriali avanzati dello sterminio di un popolo, cui si sono poi aggiunti altri gruppi “inferiori”. Il nazismo ha prodotto lo sterminio degli Ebrei, ma, quello che è peggio, ha prodotto anche la giustificazione teorica e giuridica per compierlo. Nemmeno nell’antichità più remota è mai stata fissata per legge la differenza tra popoli superiori ed inferiori, piuttosto la differenza tra vincitori e vinti. La distinzione introdotta dal nazismo stabilisce formalmente che un popolo, quello ebraico, merita di essere sterminato solo per il fatto di essere quel popolo.

E le immagini ci parlano chiaramente proprio di questa distinzione, ci parlano oltre che di brutalità anche di avvilimento della persona umana, avvilimento che veniva perpetrato prima dell’uccisione, togliendo le cose care, riducendo le persone in stracci, inducendo molti a perdere perfino la propria dignità. E d’altra parte il mondo era diviso in uomini e esseri inferiori, Untermenschen (“sotto-uomini”) e quindi non meritevoli di compassione più di un animale.

Può darsi che alla radice di queste macabre pratiche vi siano ragioni politiche o economiche e di pura conquista dello “spazio vitale” (Lebensraum), ma il terreno in cui tutto ciò può prosperare è il pregiudizio e l’ignoranza. Quel pregiudizio e quell’ignoranza che hanno fatto sì che nella Trento del 1475 15 ebrei fossero torturati e messi a morte con l’accusa di aver compiuto un rito di omicidio rituale per utilizzare il sangue di un bambino, Simonino, subito santificato, nella confezione degli azzimi pasquali. La stessa ignoranza e pregiudizio di cui si è nutrita e si nutre la leggenda della cospirazione ebraica contro il mondo, con il suo prodotto più assurdo, “Il protocollo dei Savi di Sion”, costruito con precisi scopi politici agli inizi del ‘900.

Elencare i pregiudizi che ancora oggi ci assediano non sarebbe difficile, come non sarebbe difficile che molti di essi trovano una rinnovata forza in questi ultimi anni. Il pregiudizio è quindi la radice di tutte le incomprensioni e le violenze che si compiono, è l’ignoranza è il terreno in cui il pregiudizio ingrassa.

Dobbiamo essere grati alle iniziative che ricordano la Shoah, non solo per la testimonianza che portano, ma perché ci danno periodicamente l’opportunità di riflettere su queste tematiche, spingendoci a superare ignoranza e pregiudizio. Se ad ogni mostra e ad ogni ricorrenza riuscissimo a rimuovere dalle nostre anime anche un piccolo pregiudizio di quelli che noi stessi abbiamo, diremo che questi eventi non sono stati invano.

Ben Gurion - Herzl
Ben Gurion - Herzl

Se lo volete, non è una favola!   (T. Herzl 1860-1904)

 

 

 

 

 

 

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